Page 11 - La mirabile visione
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longa cum veste, il quale non ha nulla a fare, perchè esso è la
libertà nella virtù, la virtù nella libertà; e dove è una bella donna,
che, questa sì ha da fare, perchè è l'operazione; ma
giocondamente opera scaldandosi ai raggi d'amore, perchè è
l'Arte pura innocente utile e bella, perchè unisce l'intelletto
all'azione, perchè in sè concilia la carne e lo spirito, il lavoro e la
gioia, la ghirlanda delle sue mani col canto delle sue labbra. Ella
è l'umanità futura, felice libera e buona: umana! Oh! come è
invecchiato questo poeta che presenta alle nostre menti nuove
l'imagine visibile degl'ideali novissimi! come è vieto questo
filosofo che ci dà la formula degli avveniri!
Matelda!... Sai tu, o Ravenna, ch'ella fu dal Poeta creata con
molta somiglianza tua? Tu fosti l'ultima sede dell'impero
d'occidente, e poi, quando questo cessò, dopo settant'anni,
tornasti all'impero orientale di Giustiniano. Dante ti sapeva
dunque città imperiale per eccellenza, e l'aquila di Polenta gli
ricordava certo l'altra aquila che contra il corso del cielo
dall'espero era stata volta all'aurora. Dante ti sapeva città
imperiale, eppure ti vedeva piena di chiese e ricca di santi e
augusta di tradizioni religiose. L'impero e la chiesa, l'azione e la
contemplazione si conciliavano in te così come nella sua Matelda,
che è l'arte, abito operativo e virtù intellettuale, nel senso
allegorico, e l'impero e la chiesa conciliati insieme, nel senso
anagogico. Onde, forse, il nome interpretato, per il primo aspetto,
da math- scienza o arte, e ispirato per il secondo aspetto, dalla
memoria della contessa Matelda. La quale, per usare le parole
dell'Anonimo comentatore di Dante, "fu per madre nipote dello
imperadore di Costantinopoli", e nel tempo stesso "due fiate in
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soccorso della chiesa potentemente venne" . Sì. E fu maritata e
3 Vedi a pag. 473, nota. Nell'Ottimo (ed. Pisa Capurro 1828) leggo al verso
118 del XXXIII Pur. "se altro non ne sai, vedi il libro Donico, il quale trattò
di questa materia". Che è o chi è questo Donico? Non forse Doniço? cioè,
quel Donizone che cantò la contessa Matelda e le disse Marta e Maria? Su
che, vedi L. Rocca, Matelda (nel vol. Con Dante e per Dante, 1898 Hoepli).
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