Page 8 - La mirabile visione
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affermano potersi riavere o avere con lungo e forte esercizio
sopra sè e dentro sè. Sia un'antica colpa, come Dante credeva, sia
la naturale origine, come si crede ai nostri tempi, è, però, in
questo e quel modo, un retaggio selvatico e bestiale, che noi
portiamo in noi. Ora io credo con Dante che dalla selva si possa
uscire e che la bestia si possa vincere.
Credo io dunque nella mistica luna, bianca nera, che splende e
non si vede, che ci faccia trovare il passo; e nel mistico veltro, che
pasce sapienza e amore e virtù, che ricacci nell'inferno la lupa?
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Sì: ci credo. La luna è la Grazia, il veltro è un Augusto ; e dunque
io credo alla Grazia e all'Augusto? Questa domanda è vana.
Dante credeva a una Grazia misteriosa, pari a una luna che fosse
piena nella nostra notte, e pur non fosse veduta, la quale faceva
uscir l'uomo dal suo fatale aggrovigliamento vegetativo,
risvegliandone, nel suo torpor di pianta, la volontà. Ora la
scienza non ci dichiara, come l'uomo sia diventato uomo, se non
con una parola "evoluzione", che ripete la domanda e non le
risponde; con una parola misteriosa quanto la Grazia, e con
un'imagine strana quanto la luna, che è tonda e non si vede, e
quanto Lucia, che ci porta in alto mentre dormiamo. Dante
spiegava la nostra ascensione come la spieghiamo noi: ossia non
la spiegava, ossia la dichiarava non spiegabile. Quanto poi
all'Augusto o al veltro o al cinquecento dieci cinque,
consideriamo: questo Messo doveva operare sulle coscienze degli
uomini; doveva far sì che gli uomini vincessero le tendenze ad
abusar di sè e degli altri, ossia doveva domare l'incontinenza e
cacciare la cupidità. Noi non riusciamo a comprendere come un
Augusto potesse avere cotesta efficacia, se non ripensiamo con
qual mezzo egli doveva averla. Questo mezzo è la libertà. Ebbene
1 "Augusto" per esattezza s'avrebbe a dire, poichè le predizioni del veltro
che verrà, di colui per cui la lupa disceda, del messo di Dio che anciderà
la fuia, sono echi delle predizioni dell'Eneide, nelle quali si promette, per
bocca di Giove e d'Anchise, Augustus Caesar (Aen. I 286; la lupa è il furor
impius; VI 791: la lupa è il complesso dei mostri domati da Alcide).
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