Page 183 - La mirabile visione
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vuol pur che il mondo versi
                     i bianchi fiori in persi,
                     cader tra' buoni è pur di lode degno.

              Questi   argomenti   meditava   o   già   svolgeva   Dante   prima
           dell'anno infausto e in quell'anno medesimo e dopo. La canzone
           dell'Amativa  d'onore   porremmo  volentieri  in  quel  tempo,  nel
           quale, come Dante fa dire a Cacciaguida, già si cercava l'esilio di
           lui. (Par. 17, 49)

                     Questo si vuole e questo già si cerca,

           nella curia papale. La canzone della giustizia, è naturalmente, di
           Dante esule, che facendo tali opere di stile tragico non pensava
           certo   d'esprimere   duplicatamente   i   medesimi   concetti   nella
           Comedia.
              E gli argomenti appartenevano, come egli stesso era poi per
           dichiarare, alla vita attiva. Infatti era per domandare: "Poichè la
           felicità   della   vita   contemplativa   è   più   eccellente   che   quella
           dell'attiva, e l'una e l'altra possa essere e sia frutto e fine di
           nobiltà,  perchè  non  anzi  si procedette  per la via  delle  vertù
           intellettuali, che delle morali?" (Co. 4, 17) Qual che sia a questo
           punto la sua risposta, noi crederemmo meglio che la ragione fosse
           nel fatto che egli andava per questa nuova via pratica, e voleva,
           come altrove dice, "gridare alla gente che per mal cammino
           andavano, acciocchè per diritto calle si dirizzassono", voleva "per
           tostana   via...   medicina   ordinare,   acciocchè   tostana   fosse   la
           sanitade, la quale corrotta, a così laida morte si correa". (Co. 4, 1)
           E ciò, come, e precipuamente, per il falso concetto di nobiltà, che
           era   intorno   al   trecento   in   Fiorenza   il   vero   veleno   della   vita
           pubblica, così per gli altri errori. E voleva rivolgersi a tutte le età,
           dichiarando via via le virtù loro convenienti. (Co. 4, 23 sgg.) E in
           ciò è da riconoscere la ragione per cui la liberalità o larghezza è
           così fuor del posto che le assegnò Aristotile, e si trova all'ultimo;


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