Page 179 - La mirabile visione
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ciò si vede, primo, che pur mantenendo alle virtù il numero
aristotelico di undici, egli si sarebbe governato liberamente, col
fonderne almeno una (la magnanimità) in un'altra, e con
introdurre se non virtù nuove, almeno nuovi nomi. Per es. la
leggiadria.
Di essa tratta nella canzone, Poscia ch'amor del tutto m'ha
lasciato, il cui principio consuona col cominciamento della
canzone, Le dolci rime.
Si parla, in quella, di tali che gittano via i loro averi, che
intendono a conviti e a lussuria e ad ornarsi; e che ridono sempre
e parlano troppo per piacere, e fanno gli arguti e i popolari, e non
trattano con donne gentili e savie. Si dice che per aver leggiadria,
bisogna che sollazzo si unisca con amore. Si conchiude che
leggiadro è l'uomo che, nel dare e ricevere, non si duole, anzi "in
ciò diletto tragge", a somiglianza del sole che illumina le stelle e
ne è illuminato; l'uomo che non s'adira per parole che oda, che
non dice parole che offendano altrui; che si cura dei savi e de'
selvaggi no; non si inorgoglisce e pur non tien nascosto il suo
pensiero. Se cerchiamo tra le undici virtù di Aristotile, qual sia
quella che si convenga con questa, troviamo che può essere
l'affabilità "la quale fa noi ben convivere cogli altri", e può essere
l'eutrapelia "la quale modera noi nelli sollazzi, facendoci quelli
usare debitamente". (Co. 4, 17) Ma, prima per il chiaro raffronto
dell'espressione della Canzone, Sollazzo è che convene con esso
Amore, e la frase citata, poi per una ragione che si vedrà, sembra
piuttosto, la leggiadra canzone, tradurre in leggiadria nostrana
l'eutrapelia aristotelica.
Della temperanza avrebbe discorso nel trattato settimo, ossia
nella canzone terza dopo le tre proemiali, mentre nell'ordine
aristotelico delle virtù ella è la seconda. Enea sarebbe stato il
modello. "Quanto raffrenare fu quello, quando (Enea) avendo
ricevuto da Dido tanto di piacere, quanto di sotto nel settimo
Trattato si dirà; e usando con essa tanto di dilettazione, elli si
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