Page 172 - La mirabile visione
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nella Comedia egli  assegna al marzo di quell'anno la fine di
           quella breve favola. La lupa, in quel mese e in quel torno, (Inf. 1,
           60)

                     lo ripingeva là dove il sol tace.


           Dalla notizia conservataci dall'Aretino, comprendiamo perchè,
           nel tempo stesso che altre ragioni per certo v'erano per Dante, di
           porre la sua visione nel trecento, questo fatto, che la fine della sua
           vita pubblica non avvenne in quell'anno, non contrastasse. Le
           altre ragioni quali possono essere? Era l'anno del giubileo, e una
           visione di spirituale purificazione ben era adatta a quell'anno di
           perdono. Eppur non è questa la ragione precipua, se pure è tra le
           ragioni:   il   giubileo,   nella   Comedia,   si   ricorda   una   volta   per
           descriverci   nell'inferno   due   schiere   di   peccatori   più   e   meno
           ignobili e meno e più sfacciati; (Inf. 18, 28) un'altra volta, per
           poter introdurre un soavissimo episodio, d'un appena giunto nel
           mondo di là sul vasello snelleto e leggiero, e che là canta la
           canzone "Amor che nella mente mi ragiona". La qual canzone è
           lode della filosofia e lauda di Maria, e bene risuona nel lido del
           mare, in quel mattino luminoso, alle radici del monte santo della
           purificazione, sacro alla madre purissima. Ma certo dell'anno
           santo sarebbe presente in ogni parte del Poema l'idea, se nel
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           pensiero di Dante ell'era stata precipua . Anche l'altra ragione di
           sceglier l'anno centesimo, che fu quella di partire a mezzo la
           seconda età del Poeta, ossia la giovinezza, e tutta la sua vita, non
           appare poi, sebbene si scorga sin dal primo verso, così forte. Coi
           rimproveri di Beatrice ci sembra che si sarebbe adattata meglio
           un'età più giovanile, più prossima all'età delle false imagini di


           140   Non mi persuade al tutto Antonio Cimmino con Il Giubileo del 1300 e D.
              A. Roma 1900, dell'importanza in genere dell'anno santo nella Comedia; nè
              prima di lui m'aveva persuaso Nunzio Vaccalluzzo con  Il plenilunio e
              l'anno della Visione Dantesca, Trani, 1899 (pag. 23 sg.), nè gli altri, citati
              in quel bello opuscolo. L'importanza c'è; non però precipua nè grande.


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