Page 139 - La mirabile visione
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XIII.
L'ANGIOLA E LA DONNA
Intorno all'anno, in cui Dante inscrivendosi nelle arti mostrava
di dedicarsi alla vita attiva o civile, va posta la canzone Voi che
intendendo. Che a farlo incamminare per la nuova via fosse stato
di alcun momento la venuta, in Fiorenza, di Carlo Martello, mi
par probabile. Questi gli dice nel Paradiso: (Par. 8, 55)
Assai m'amasti, ed avesti bene onde;
chè, s'io fossi giù stato, io ti mostrava
di mio amor più oltre che le fronde.
Le fronde sono della pianta, rispetto ai frutti, quel che la
promessa è rispetto all'attendere. La natura, dice Dante, "dà alla
vite le foglie per difensione del frutto"; (Co. 4, 24) sì che
dell'amor di Carlo apparendo le fronde, si doveva argomentare
che sarebbero venuti i frutti che elle hanno a difendere. Dante
insomma ebbe ad aspettare qualche cosa, e fu di quei fiorentini
cui il giovane principe d'Angiò mostrò il suo amore e di cui egli
ebbe la grazia. Sembra verosimile che la venuta di quel gran re
con la bella compagnia di dugento cavalieri, scotesse Dante che
era stato de' feditori a Campaldino, e lo ispirasse a due cose: a far
quella canzone per mandarla, forse, a lui, e a voler essere
qualcosa nel governo del comune. Le quali due cose sono
strettamente unite, perchè la canzone chiaramente mostra il
mutamento del proposito che Dante aveva fatto di dedicarsi alla
vita dei contemplanti.
Il qual proposito era figurato nell'amore per la donna ch'era a
Dante "la speranza dell'eterna beatitudine". Ebbene nella canzone
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