Page 133 - La mirabile visione
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Ora quella scuola e dottrina e via, per la quale Dante si straniò da
Beatrice, è la scuola, dottrina, via del mondo o civile o attiva. E
questa è la via non vera, non verace, non diritta; la via che fu per
una notte dentro una selva, e poi per un giorno, avanti e indietro,
in una piaggia diserta infestata da fiere; eppure non si dichiara già
per malvagia o peccaminosa in sè, ma solo, a questo punto, per
imperfetta e inefficace, che non può seguitare la parola volante
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sopra l'umana veduta; e distante all'infinito da Dio, non divina ,
non però opposta. Se vogliamo interpretare subito l'episodio,
diremo che Dante riconosce che la vita attiva alla quale si diede
lasciando la contemplativa per cui già s'era messo, gli aveva
lasciato qualche impaccio nell'intelligenza, qualche tardità,
qualche offuscamento; sì che, riprendendo la sua vera via, non ci
si ritrovava così facilmente. Invero Lia, che aveva veduta in
sogno, non aveva più gli occhi malati, e si specchiava, ma non
quanto Rachele che mai non si smaga dal suo miraglio. (Pur. 27,
103) E Matelda non assomiglia più a quella Lia, i cui occhi deboli
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e infermi s'interpretano come le cogitationes mortalium timidae ;
ma tuttavia ella canta un salmo in cui sono le parole: nimis
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profundae factae sunt cogitationes tuae ; ed ella dice a Dante,
segnando un divario tra sè e quella che verrà dopo:
venni presta
ad ogni tua question, tanto che basti.
Alla questione, in cui la parola di Beatrice tanto alto volava sopra
la veduta di Dante, Matelda non sarebbe, per esempio, potuta
bastare.
96 Nel Convivio (2, 5) Dante chiama "più divina" la vita contemplativa.
Divina la chiama, a dirittura, Beatrice qui nella Comedia (Pur. 33, 88).
97 Aur. Aug. contr. Faustum XXII. L'espressione è in Sap. 9, 14. Vel. pag.
435.
98 Ps. 91.
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