Page 125 - La mirabile visione
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Fiorenza lo traeva  la passione di parte. "Tornato a Firenze...
           inanimò molti giovani contro a lui (Corso), i quali li promisono
           esser in suo aiuto. E essendo un dì a cavallo con alcuni da casa i
           Cerchi, con uno dardo in mano, spronò il cavallo contro a messer
           Corso, credendosi esser seguito da' Cerchi, per farli trascorrere
           nella briga: e trascorrendo il cavallo, lanciò il dardo, il quale andò
           in vano". E questo non può essere che un episodio della vita,
           quale noi e leggiamo e imaginiamo che condusse Guido in quelli
           anni, e prima che si facessero gli ordini, e poi che furono fatti, e
           prima che Giano si facesse capo e guida del popolo, e dopo che
           Giano   fu   bandito,   coi   "molti   modi"   che   "i   potenti   cittadini"
           seppero   trovare   per   abbatterlo.   Guido   è   dipinto   astratto   e
           sdegnoso da cronisti e novellieri: è detto da Dino "uno giovane
           gentile... cortese e ardito ma sdegnoso e solitario e intento allo
           studio"; intento allo studio, sì; ma dallo studio frastornato certo,
           negli ultimi anni della sua vita, mediante le altre sue qualità di
           "gentile e cortese e ardito" e partigiano appassionato. Se fosse
           rimasto intento allo studio, se avesse continuato a mirare "la
           bieltade di  quella  Primavera gentile", Dante non avrebbe avuto
           occasione di consigliare nel trecento il suo bando, e non avrebbe,
           riferendosi al trecento, nel qual anno Guido moriva o si preparava
           a morire, detto di lui, che esso, già intento allo studio, ebbe a

           sdegnoso, dovesse sentire assai forte dispetto della sconfitta dei Grandi... è
           molto probabile che Guido abbandonasse sconfortato Firenze, approfittando
           dell'occasione d'un pellegrinaggio".
           Leggi poi a pag. 49: "Il primo (periodo della vita di G.) va dalla fanciullezza
              sino al tempo in cui egli cessò, come dice Dante, di mirare la beltà della
              Primavera gentile. Fino a questo tempo lo vedemmo quasi interamente
              estraneo dalle lotte cittadine... Il secondo periodo, che va dal 1290 (per me,
              dal 1292 o 93, riferendomi non al tempo del sonetto, ma della prosa
              dichiarativa) al 1300, è il più fortunoso... È quindi probabile assai che nel
              primo periodo egli attendesse a quegli studi filosofici che lo resero così
              celebre fra i contemporanei". E aggiungiamo che è assai probabile che nel
              secondo periodo, non vi attendesse più. Per il viaggio interrotto, vedi a pag.
              80 e segg. dello stesso libro.


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