Page 120 - La mirabile visione
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PER VIA NON VERA
Dante, affidato al libello, e il testimonio del suo ingegno e
della sua arte di adolescente, e l'antefatto del grande suo lavoro,
attendeva allo studio. A mano a mano comprendeva meglio gli
autori latini; e passava da un autore all'altro, da una scienza
all'altra. Cercava argento e trovava oro. Passò a frequentare le
scuole de' religiosi e le disputazioni de' filosofanti. In trenta mesi
cominciò a sentir tanto della dolcezza del sapere, che
quest'"amore cacciava e distruggeva ogni altro pensiero". Lo
studio insomma lo assorbiva tutto. (Co. 2, 13).
Nel frattempo, che faceva il suo primo amico? Guido era de'
grandi; di quelli nobili, che per essere la spada del comune,
s'erano molto insuperbiti per la vittoria di Campaldino, nel 1289,
e furono molto contrariati dalla pace conchiusa poi il 12 luglio
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del 1293 tra le città toscane. Fu questo tempo un bel tempo
prima per i grandi, poi per il popolo. Dante che era stato, molto
probabilmente, tra i feditori a Campaldino, che aveva certo
veduto i fanti uscir patteggiati da Caprona (Inf. 21, 94); che aveva
anche veduti corridori, gualdane, torneamenti, giostre nella terra
Aretina: (Inf. 22, 1)
quando con trombe e quando con campane,
con tamburi e con cenni di castella,
e con cose nostrali e con istrane;
al suo ritorno in patria da quei pericoli che finivano in gioia, lo
richiamò, se ne era straniato, ai consueti pensieri, anzi al consueto
dolore, la morte della gentilissima. E se nel tempo che due fiate si
volse Venere in quel suo cerchio, egli non s'era ancor messo di
proposito allo studio, cui alquanti dì dopo quelle due rivoluzioni
84 Dino Compagni, Cronica (ed. Del Lungo); II. G. Villani VIII, I. Vedi Dino
Compagni e la sua cronica, e Da Bonifazio VIII ad Arrigo VII di IDLungo.
Qui specialmente di quest'ultimo volume il cap. III.
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