Page 116 - La mirabile visione
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"sua beatrice". È invece possibile che il sonetto sia di data più
antica, e fosse scritto non dopo il pentère di Dante, ma dopo il
morire di Beatrice. Vediamo che l'imagine del peregrino, la quale
ebbe poi tanta efficacia sull'anima di lui esule, era presente al suo
spirito sin da quando figurava Amore in abito di tali mesti
viandanti. E lo studio di particolareggiare nella prosa il tempo e la
meta di quei peregrini, è forse per acquistar fede a tale fantasia,
ch'egli pur confessa essere fantasia in parte, in ciò che il Poeta
parla ai peregrini e invece no, quelle parole le aveva dette fra sè
medesimo, e aveva proposto di dire come se avesse parlato a loro,
"acciò che più paresse pietoso". La qual mezza confessione ci può
portare a credere che Dante imaginasse e d'aver parlato, e d'aver
veduto; e che per esprimere più pietosamente il suo dolore,
fingesse di gridarlo sì ai principi della città, sì ai pellegrini che la
città attraversavano, ricordandosi di quella consueta formula
cives et peregrini, e ponendola a confronto con le esclamazioni
del profeta. In verità la morte di Beatrice gli poneva sulle labbra
le lugubri parole: Quomodo sedet sola civitas plena populo! facta
est quasi vidua domina gentium! (VN. 28) E nel sonetto
echeggiavano, quelle medesime:
che non piangete quando voi passate
per lo suo mezzo la città dolente,
come quelle persone che neente
par che 'ntendesser la sua gravitate.
Sì: ell'è quasi vidua o quasi orba:
Ell'ha perduta la sua Beatrice.
Orbene questi peregrini non sono essi coloro cui il Profeta si
volgeva in quella medesima lamentazione? O vos omnes qui
transitis per viam, attendite.... Le quali parole Dante avea nel
pensiero anche prima dell'altre. (VN. 7) E Dante leggeva nel
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