Page 112 - La mirabile visione
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pentito e contrito, e ritorna all'amor di Beatrice.
              Nè è da tralasciare il sogno che a Monnica dà a presentire la
           conversione   del   figlio   traviato:   "ella   vide...   venir   ver   lei   un
           giovane splendido, ilare e a lei sorridente, mentre ella era mesta e
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           rifinita   dal   dolore" .   Dante   s'è   ispirato   molto   per   certo   alle
           Confessioni. Le quali, notiamo, parlano di quel Fausto, contro il
           quale sono i libri già ricordati .
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              Dante scriveva la prosa della Vita Nova nel suo anno vigesimo
           settimo. Vedasi come questa data è congruente a ciò che si disse
           del disdegno di Guido. Nel trecento Dante figura di aver detto che
           Guido ebbe a disdegno lo studio. Non parlava egli certo di quel
           tanto studio, che aveva prodotto quella tanta e tale arte e scienza,
           quanta e quale avevano tutti e due, i dolci amici, allora, al tempo
           della Vita Nova e delle Rime Nove. Dante non mostra che in
           Guido vedesse allora alcun difetto; anzi scrive a lui il libello e
           segue il suo consiglio di scriverlo in volgare. (VN. 24 e 31)
           Quand'egli dice a Virgilio, Vagliami il lungo studio, e dice di
           Guido, che forse ebbe a disdegno questo Virgilio stesso, certo
           prescindeva   da   quel   tempo,   in   cui   ed   esso   Dante   e   Guido
           rimavano non stoltamente. Noi comprendiamo, insomma, che
           Dante non diceva che al suo primo amico mancasse ciò che a lui
           valse per scrivere la Vita Nova. Dunque ebbe a disdegno qualcosa
           che cominciò per l'uno e doveva cominciare per l'altro dopo la
           composizione di quel libello. Non però molto dopo, non però nel
           trecento. O come avrebbe Dante detto di sè che, in pochi giorni o
           in un istante diventò degno di trattar di Beatrice? Dice pur esso
           che prevedeva gli sarebbero occorsi "alquanti anni"! Non nel
           trecento, perchè se nel trecento egli avesse scritto tal libello, che
           ha tal glorificazione del suo amico, non poteva Dante essere tanto
           distratto, quando scriveva la Comedia, da finger di dire in quel
           medesimo anno al padre di quel medesimo Guido, che l'un degli


           78   ib. III 11, 19.
           79   ib. V 3, 3 sqq. E vedi a pag. 15, 16, 24, 31.


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