Page 109 - La mirabile visione
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rifermarsi. Il che si vede, come accennai, chiaro in quel mettere la
           sua visione prima quasi a metà dell'adolescenza, come poi dopo,
           nella Divina Comedia in cui lo argomento era ben più esteso,
           metteva la sua visione ultima

                     Nel mezzo del cammin di nostra vita.

           E poi quasi a metà! chi ci dice che allora avesse le precise idee
           del Convivio intorno alle quattro età dell'uomo? "Diversamente"
           dice nel Convivio (4, 24) "è preso il tempo da molti", riguardo
           alla gioventù. E a ogni modo, sappiamo qual valore ha il quasi in
           certi computi di lui. "Si può comprendere per quello quasi (dice
           Luca   che   quando   Gesù   morì,   era  quasi  ora   sesta),   che   al
           trentacinquesimo anno di Cristo era il colmo della sua età". (ib.
           23) Aveva trentatrè anni, dunque era nel trentaquattresimo anno,
           dunque quasi nel trentacinquesimo, perciò nel trentacinquesimo.
           Questo   ragionamento   ci   porterebbe   benissimo   a   credere   che
           Dante volesse intendere che a diciott'anni era proprio nel colmo
           dell'adolescenza.   Ma   non   è   anche   probabile   ch'egli   allora
           dividesse l'età così: nove anni di puerizia, e due volte nove di
           adolescenza o vita nova? Non vediamo che appunto gli anni di
           cui si parla nella Vita Nova sono, oltre i nove della puerizia, quasi
           diciotto, divisi in due novene, perfetta la prima e la seconda
           imperfetta, dal saluto e dalla visione? e che dunque forse pensava
           allora che l'adolescenza finisse a ventisette anni?
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              In   vero   quando   fu   scritto   il   libello ?   Non   nell'anno
           milletrecento, sebbene la mirabile visione che chiude il libro sia
           tutt'uno con la visione del Poema sacro e questa sia posta nel
           trecento.   Non   nel   trecento,   perchè   nel   Poema   Dante   parla   a
           Virgilio del suo lungo studio, e siccome egli vuol intendere dello
           studio  cominciato  appunto  per descrivere  quella  visione,  non
           73   Vedi Scritti su Dante di Giuseppe Todeschini, 1872 vol. I pag. 311 e segg.;
              Studi su Dante  di Raffaello Fornaciari,  La Trilogia Dantesca, pag. 113
              segg.


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