Page 90 - Minerva oscura
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           miro gurge del Poema Dantesco consunse la sua veduta . Questi
           aveva rettamente nel Messo del Cielo, che apriva con una ver-
           ghetta le porte di Dite, veduto Enea, e ne aveva date ragioni otti-
           me e chiarissime, che non sto a ripetere. Ma a me queste ragioni
           apparivano indubitabili, quando io consideravo che nessuno pote-
           va essere scelto da Dante ad attraversare Stige, la palude della
           non attività o non giustizia o viltà o ignobilità o disordine nell'ira-
           scibile; dove avevano a essere immersi gran regi; meglio di chi da
           Dante stesso è preso a modello (Conv. IV 26) del buon cavalcato-
           re che frena e sprona il concupiscibile e l'irascibile con la tempe-
           ranza e la fortezza: con la prima avendo egli vinto di lasciare il
           piacere e la dilettazione di Didone; con la seconda essendo riusci-
           to solo con Sibilla a entrare nello Inferno; meglio di chi da Dante
           (De Mon. II 3) è dichiarato esempio della nobiltà, sì propria, sì
           avita, con ricordo di versi Virgiliani, tra i quali: Rex erat Aeneas
           nobis, quo iustior alter Nec pietate fuit nec bello maior et armis
           (Aen. I 544 e seg.). Il Messo del cielo era veramente Enea, e pas-
           sava Stige con le piante asciutte, come i Poeti nel Limbo passano
           il bel fiumicello come terra dura, chè se il rio che segrega dal vol-
           go il nobile castello della sapienza, non è difesa contro i sapienti,
           la palude dell'ignobilità non può ritardare e affondare chi è supre-
           mamente nobile.





                                       XXXII.

              Il Poeta ha il sole in fronte: è tornato a libertà. Avanti lui è una
           foresta tutta odore, tepore, gorgheggi. Otto giorni prima vedeva
           pure il sole su un colle. Allora un'altra selva era dietro lui. L'una
           era la selva oscura, poco meno amara che morte; l'altra è la divina
           foresta spessa e viva: l'una il vizio e l'ignoranza, l'altra l'innocen-

           54   Michelangelo Caetani.


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