Page 87 - Minerva oscura
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e X). Anche d'essi peccatori poteva dirsi che erano in quelle arche
           non per altro rio che per non avere adorato o riconosciuto il Crea-
           tore e per aver fatta morta l'anima col corpo. E poi anche qui so-
           navano sospir dolenti, certo più intensi dei sospiri che nel Limbo
           facevano tremare l'aura eterna perchè quello era duol senza marti-
           ri e qui erano sì i martiri (IX 133, X 2) e rio il tormento e i lamen-
           ti duri (IX 111, 121). Nè il Poeta trascura qui, come non ha tra-
           scurato nel Limbo (IV 25 di notare l'oscurità del luogo; poi che
           Cavalcante chiama cieco il carcere, come Virgilio del Limbo dice
           che è tristo di tenebre. E dal Limbo i Poeti s'affacciano a luogo
           oscurissimo e tempestosissimo, come dal cimitero degli Epicurei
           vengono sopra più crudele stipa. Un tristo fiato è la novità che
           sentono qua, l'oscurità perfetta e i guai, quella che sentono là.
           Sono gli epicurei dentro Dite, sebbene agli spaldi, come i sospesi
           del Limbo dentro l'inferno, sebbene 'Nel primo cerchio che l'abis-
           so cinge'. E Dite è nella valle, in un avvallamento della palude
           Stigia, quindi quasi allo stesso piano, come il Limbo è quasi allo
           stesso piano di Acheronte. E nella palude Stigia sono anime sde-
           gnate da Dite, come oltre Acheronte sono altre anime sdegnate
           dall'Inferno quanto egli è: accidiosi gli uni e gli altri, sebbene in
           diverso modo, essendo respinti questi di qua dal cielo, di là dal-
           l'inferno, e quelli, di qua dall'inferno dell'incontinenza e di là da
           quello della malizia. Io vedevo queste corrispondenze e dicevo
           che una somiglianza era in verità tra i sepolti nelle arche e i so-
           spesi nel Limbo. E notavo un'altra somiglianza, tra quelli di là
           d'Acheronte e quelli di qua; la quale consisteva in questo, che i
           sospesi erano tali in quanto avevano, per il primo peccato, perdu-
           to il libero arbitrio, almeno secondo la restrizione di Tomaso (1 a
           LXXXIII 2), non quantum ad libertatem naturalem, quae est a
           coactione, sed quantum ad libertatem, quae est a culpa et a mise-
           ria; e gli sciaurati, che mai non fur vivi, ne erano stati come privi,
           essendo vissuti come bestie, che libero arbitrio non hanno, e non
           come uomini o angeli. Che anzi considerando questi ultimi, me-



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