Page 83 - Minerva oscura
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dite i gran regi; poi che veramente e singolarmente accidioso è
           chi, dovendo per operare bene, fare uno sforzo minimo, vi si ri-
           fiuta; lasciando che il suo operare è sopra tutto utile, e il non ope-
           rare, dannoso ad altrui, come dimostra Marco Lombardo; colui
           che amò il valore abbandonato dai degeneri del mondo d'allora;
           concludendo:

              Ben puoi veder che la mala condotta
                È la cagion che il mondo ha fatto reo .
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           E qui notavo che tale dimostrazione è fatta nello scaglione dell'ira
           e da un iracondo, per accennare che se è male andar di là dell'ira,
           è male, e per Dante peggio, restar di qua. Certo nulla al Poeta co-
           ceva più che l'ignavia dei re e degl'imperatori, e, in genere, il tra-
           lignare degli uomini. Mi venivano subito in mente due luoghi,
           uno nel Purgatorio, l'altro nel Paradiso, dove Dante parlava più
           particolarmente dei re del suo tempo. Sordello, il cui abbracciare
           aveva dato argomento alla digressione in cui è acerbamente punto
           Alberto Tedesco (Purg. VI 76 e segg.), mostra nella Valletta dei
           fiori i Principi che vi sedevano (Purg. VII 64 e segg.); e la sua di-
           mostrazione si aggira sopra un punto cardinale:

                Rade volte risurge per li rami
              L'umana probitate.

           Nella spera di Giove le anime luminose che avevano di sè forma-
           to prima le parole, Diligite iustitiam qui iudicatis terram, e poi la
           testa e il collo dell'aquila, cantano i dispregi dei re, de' quali il pri-
           mo è Alberto, figlio di Ridolfo che è il primo mostrato da Sordel-
           lo nel Purgatorio. E nel luogo del Purgatorio (114 e 117) e in
           quello del Paradiso (25: 'Che mai valor non conobbe nè volle') si
           legge la parola valore, come propria dei re. Che concludevo da


           51   Purg. XVI 25 e segg.


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