Page 66 - Minerva oscura
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nione), ma non aver poi seguito ragione nel vendicarsi stesso,
specialmente col prendersela con tutti, senza più attendere se rei
verso loro o no: onde la loro cupidigia cieca. Ciò in nessuno ap-
pariva più manifesto che in Pier della Vigna: al quale il Poeta fa
dimostrare e giurare che non ruppe fede al suo signore e perciò fu
a torto accusato e abbacinato o imprigionato, donde in lui giusto
risentimento per vera ingiuria. Ma la ragione dopo l'abbandonò:
L'animo mio per disdegnoso gusto
Credendo col morir fuggir disdegno
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Ingiusto fece me contra me giusto :
nel qual luogo è da notarsi 'l'animo mio', che è precisamente il
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a
θυμος di cui è parola di Tomaso (1 2 XLVI 8), dove si conclude:
nihil autem prohibet, ut θυμοο ς graece, quod latine furor dicitur,
utrumque importet, et velocitatem ad irascendum, et firmitatem
propositi ad puniendum. Anche Pier della Vigna adunque, abban-
donato dalla ragione, la qual pur rettamente gli designava l'ingiu-
ria e l'ingiuriatrice, scambiò nella vendetta la persona, punendo sè
stesso e non altri. L'ira invero è matta, è folle, è una «pazzia bre-
ve»; una pazzia che può, per il momento che arde, trovarsi in per-
sone per solito e per altre parti ragionevolissime; onde Dante sot-
to la guardia del Semifero ci fa vedere uomini come Pier della Vi-
gna e altri che posero gli ingegni a ben fare, e cui abbracciare
Dante avrebbe voluto, e avanti i quali egli poteva andare reveren-
te. Ma qui anch'io esclamai, come Dante, vedendo uno in cotal fa-
miglia: Siete voi qui, Ser Brunetto? Il peccato di cui foste lercio,
come può essere ira? Ma mi soccorse lo Genesi, e subito compre-
si, che come gli eccellenti e nobili usurieri erano violenti contro
l'Arte e perciò contro la Natura e quindi rei d'ira contro Dio, così
questi letterati grandi e di gran fama erano rei d'ira contro Dio
perchè colpevoli di violenza contro la Natura. Nel fatto il loro
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