Page 64 - Minerva oscura
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na eccellenza: e perciò qualunque nocumento a noi si porti, in
quanto deroga dall'eccellenza, pare appartenere al disprezzo'. Si
pensi ora alla tasca che avea certo colore e certo segno, in cui si
pasce l'occhio di questi peccatori: si vedrà con quanta accortezza
il Poeta significhi come essi fossero teneri d'alcuna eccellenza e
come perciò propensi a considerare disprezzo il comandamento di
trarre il sostentamento dalla propria fatica. Chi può affermare d'a-
ver capito qualche cosa in questa strana comune «nobiltà» degli
usurai di Dante? E se ne conferma che il loro peccato è ira, per-
chè tutte le cause d'ira si riducono alla parvipensio. Sono poi col-
locati su per la strema testa di quel settimo cerchio, come i super-
bi imitatori di Caino sono finitimi agl'invidi; per mostrare come la
loro colpa abbia qualche cosa della frode; poi che pur volendo
vendicarsi di Dio «portano nocumento... ad altrui». Ma pur facen-
do direttamente contro Dio, non sono più giù messi, perchè il loro
peccato, che non è dell'uom proprio male, è senza concorso d'in-
telletto e non può quindi essere che ira.
XXIV.
La violenza è senza lume d'intelletto; dunque è matta bestiali-
tade o ira che è 'furor brevis'; la bestialità è appetito di vendetta;
dunque è ira. Così avevo concluso, così dovevo concludere. Ma
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l'ira è con ragione: dice Tomaso. Sì; ma egli disputa (1 2 XLVI
4) che con ragione ella è quodammodo, poi che la ragione non le
si accompagna se non come denunziatrice dell'ingiuria da vendi-
care; ed essa 'non perfettamente la ode, poichè non osserva la re-
gola della ragione nel far vendetta; sì che all'ira si richiede qual-
che atto della ragione e si aggiunge impedimento di essa ragione'.
Ora io vedevo a questo concetto rispondere esattamente il subito
adirarsi del Minotauro, chè questi, quando vide Dante e Virgilio,
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