Page 46 - Minerva oscura
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115-120), e il tradimento e la froda dell'inferno vi fosse la ugua-
glianza che doveva esserci, se era vero ciò che io avevo creduto,
che il tradimento fosse superbia e la froda invidia. Ma il dubbio si
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schiariva subito al considerare che Tomaso (2 2 XXXIV 1) di-
sputa che Dio può sì essere avuto in odio da alcuni, non però per
sè, non per certi effetti suoi che in niun modo possono essere con-
trari alla volontà umana, ma per certi altri effetti che ripugnano a
una inordinata volontà, 'sicut inflictio poenae et etiam cohibitio
peccatorum per legem divinam, quae repugnant voluntati depra-
vatae per peccatum'. Chiaro m'era dunque, senza necessità di più
sottili indagini e di più larghe ricerche, che nel purgatorio dove si
ama la pena inflitta da Dio e si loda la sua legge, non può essere
peccato in cui abbia parte l'odio di Dio, e che quindi nella defini-
zione che si fa in esso dei peccati capitali si deve attendere una
differenza con quella che si fa dei medesimi nell'inferno, poi che
in questi è l'odio di Dio, in quelli o non era o fu rimosso. E lo
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stesso trovavo dell'odio di sè, poi che Tomaso dice (1 2 XXIX
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4) che alcuno per accidens può sì odiar sè stesso, 'accadendo che
taluni stimano di essere massimamente ciò che sono secondo la
natura corporale e sensitiva; onde amano sè secondo ciò che sti-
mano d'essere, ma odiano ciò che veramente sono, mentre voglio-
no cose contrarie alla ragione'. Anche questo amore di sè che è
veramente un odio, io diceva non poter trovarsi nei peccati che si
piangono per le sette cornici. Con questo pensiero leggevo la de-
finizione del superbo:
È chi, per esser suo vicin soppresso,
Spera eccellenza; e sol per questo brama
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Ch'el sia di sua grandezza in basso messo ;
e vedevo che questa in nulla contradiceva al concetto che della
superbia si era fatto Dante nell'inferno, come io avevo concluso
38 Purg., XVII 115 e segg.
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