Page 31 - Minerva oscura
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XI.
Alle mie domande rispondeva S. Agostino (Civ. D. XIV 12 e
segg.). Rispondeva che essi avevano appetito una falsa primazia;
che falsa primazia è lasciare quello, a cui l'anima deve aderire
come a suo Principio, e farsi in certo modo ad essere Principio a
sè stessi. Rispondeva che l'atto superbo consisteva nel trasgredire
quell'unico precetto, che provava la loro dipendenza da Dio. Ri-
spondeva: 'tam leve praeceptum ad observandum, tam breve ad
memoria retinendum.... tanto maiore iniustitia violatum est, quan-
to faciliore posset observantia custodiri'. Or questo mirabile co-
mento mi parve dovesse spiegare la superbia, come nei primi pa-
renti, così nei loro figli. Me ne persuadeva una parola, che al bel
principio mi sembrava quasi sfuggita a Virgilio nella sua esposi-
zione aristotelica e messa quasi fuor di posto, e perciò, subito
dopo, mi si mostrò piena di potenza illuminatrice per il pensiero
di Dante: lo Genesi. Virgilio dopo aver richiamato alla mente di
Dante l'Etica e poi la Fisica dello Stagirita, concludeva, a compie-
re il suo trattato delle tre disposizion che il Ciel non vuole, con
rammemorare quel libro della Sacra Scrittura. Questo libro dun-
que come valeva a dimostrare la via 'dell'usuriere', così poteva
servire a rischiarare anche il resto. Vediamo adunque. Adamo ed
Eva furono rei di superbia, perchè violando l'unico divieto posto
loro da Dio, a lui si posero direttamente di fronte e ne misconob-
bero tutta l'autorità e vollero divenire Principio e Regola a sè stes-
si; e poi che il divieto era facilissimo ad osservare, trasgredirono
un precetto che, una volta violato, non poteva essere scusato con
nessuna imaginazione di giustizia (Civ. D. XIV 13). Ora, per quel
primo peccato, si moltiplicarono agli uomini i divieti: non è dun-
que il caso di trovare quell'uno solo, violato il quale, l'Uomo si
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