Page 27 - Minerva oscura
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La nobile virtù Beatrice intende
Per lo libero arbitrio, e però guarda
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Che l'abbi a mente, s'a parlar ten prende .
E Beatrice in vero gliene parla nel Paradiso (V 19) per affermare
la nobiltà di essa virtù, che è il maggior dono che Dio fece agli
uomini. Tuttavia sappiamo che in Dante era un dubbio; un dubbio
che si riporta più alle parole di Virgilio, che a quelle di Beatrice; a
ciò che egli dice
Quest'è il principio, là onde si piglia.
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Ragion di meritare in voi .
Non dubita Dante che noi non abbiamo facoltà di accogliere e vi-
gliare buoni e rei amori: no; la spiegazione filosofica lo appaga nè
d'altro richiede Virgilio. Ma ciò che a Virgilio avrebbe domandato
invano e che perciò tacque, è cosa fuori di questa libertà di acco-
gliere e vigliare, è oltre la filosofia e la ragione. Tutti hanno sì il
libero arbitrio, e perciò cagione di meritare: or come alcuni e
molti anzi, accogliendo tutti i buoni amori, non riuscirono e non
riescono a meritare? Questo è il dubbio che Dante confessa di
avere concepito, secondo la finzione poetica, a questo ragiona-
mento di Virgilio, che ammonisce di non poter dire se non quanto
ragion vede: questo
il gran digiuno
Che lungamente m'ha tenuto in fame,
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Non trovandogli in terra cibo alcuno .
Dante non ha bisogno di esprimerlo: l'Aquila lo solve e poi lo ri-
vela:
27 l. c. 78 e segg.
28 l. c. 64 e seg.
29 Par. XIX 25 e segg.
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