Page 163 - Minerva oscura
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quanto male può. Ciò è in contradizione con quanto si vorrebbe
inferire dal verso:
in sè medesmo si volgea co' denti. -
Rispondo, prima, che quel male che essi si fanno è come inte-
so fatto da sè a sè ed è significazione della mala volontà che essi
ebbero in vita, la quale pure non trascese ad ingiurie, in vita. In
morte, sì, trascende, a lor punizione. Quello che agli ignavi sono i
mosconi e le vespe, stimoli all'attività ad essi morti i quali vivi
non la ebbero, sono a questi altri ignavi del male, tali cioè che fu-
rono portati continuamente al mal del prossimo, gli strazi de' loro
compagni. Con quanta accortezza e profondità ciò fosse pensato
da Dante, vede ognuno.
Un'ultima osservazione. Degli interpreti di Dante sono alcuni
dottissimi e acutissimi; primo di tutti, oserei dire, Isidoro Del
Lungo. Ebbene egli, pure abbagliato con gli altri dalle parole cui
vinse l'ira, si può dire che convenga con me, sebbene nella palude
Stigia egli cerchi e creda di aver trovato, oltre l'ira e l'accidia, la
invidia e la superbia. Ci sono infatti, in un certo modo, ci sono. Si
può dire (e già l'ho detto) che nella palude pingue sia punito l'a-
mor del male scemo di suo dovere. Ora l'amor del male è pur tri-
plice e, quando spinge all'ingiuria, diventa non ira soltanto, ma
pur invidia e superbia. Sì che si può concludere che veramente
nel brago sia l'ira, l'invidia e la superbia, ma senza effetto: mala
volontà, ma accidiosa.
Pag. 70: "Dunque nè accidiosi, nè superbi, nè invidiosi, per
me, nello Stige, ma soli iracondi".
Dunque nè iracondi nello Stige, propriamente, nè invidiosi, nè
superbi, ma soli accidiosi, accidiosi come quelli immediatamente
dentro Dite: nella vita attiva quelli dello Stige, nella vita contem-
plativa quelli dentro Dite; quelli messi con altri peccator carnali,
d'incontinenza, questi con altri peccatori spirituali, di malizia: ac-
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