Page 148 - Minerva oscura
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sue alte ragioni, nella sdegnosa anima del Poeta».
E un errore sia, se si vuole, ma che ha invero le sue ragioni,
più alte o meno, non tanto nella sdegnosa anima del Poeta, quanto
nel disegno che egli delineò già prima di por mano al poema sa-
cro. Gli ignavi che mai non furono vivi, sono non solo fuori del-
l'Inferno, ma di là di Acheronte, e i sospesi non solo dentro, ma di
qua. Perchè? Perchè anche quelli della palude pingue sono di là
della porta di Dite, e quelli che l'anima col corpo morta fanno, di
qua.
Ora gl'ignavi e i fangosi sono accidiosi, in diverso grado, ma
gli uni e gli altri rispetto alla vita attiva; i non battezzati e gli ere-
siarchi sono accidiosi, in diverso grado, ma gli uni e gli altri ri-
spetto alla vita contemplativa. Come la vita contemplativa è più
degna dell'attiva, così il manco nella prima è maggior torto che
quello nella seconda. Dante che, oltre teologo, è uomo, corregge
da par suo ciò che nella applicazione pratica di questo giusto prin-
cipio urtava lui come offende noi, aggiungendo le vespe e i mo-
sconi agli ignavi di fuori, togliendo ogni martiro ai non battezzati
di dentro, facendo per gli spiriti magni un nobile castello, buttan-
do miseramente nel fango gli accidiosi del male, elevando con la
figura di Farinata e con il di lui non memorare se non anime di
grandi, lo secondo Federico e il Cardinale, tutte le anime seppel-
lite nelle arche roventi, e sopra tutto rappresentando quelli di fuo-
ri, gli esclusi da Acheronte e da Dite, desiderosi invano di passar
dentro.
Ora le difficoltà si moltiplicano. Le risposte mie le seguano
passo passo.
Pag. 50: «....le prime colpe punite sono quelle d'incontinenza.
Nel cerchio secondo i lussuriosi, nel terzo i golosi, nel quarto gli
avari e i prodighi, nel quinto gl'iracondi».
Non propriamente «gl'iracondi,» ma gl'incontinenti d'irascibi-
le, coloro «cui vinse l'ira» e coloro che furono «tristi,» coloro che,
per usare le parole del Convivio (IV 26) non furono temperati o
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