Page 143 - Minerva oscura
P. 143
A vizio di lussuria fu sì rotta
Che libito fe' licito in sua legge,
Per torre il biasmo, in che era condotta.
Fu dunque il vizio di lussuria, l'incontinenza causa mali tanti. E
Dido
s'ancise
sì, ma
amorosa,
e Cleopatras è detta non oziosamente lussuriosa. Brunetto invece
volle il male, ribellandosi a Dio che aveva detto, Crescite, e impe-
dendo per parte sua la generazione della prole; e Giasone ingannò
Issipile e Mirra scellerata falsò se stessa; onde sono puniti l'uno
come reo d'ira contro il buon Dio, cioè come stolto agognatore di
vendetta contro la sua giustizia; il secondo e la terza come rei
d'invidia, cioè finti e coperti desideratori e artefici del mal del
prossimo. Ma Francesca, oh! Dante ci s'indugia a bella posta, per
dichiararla colpevole solo di smodato amore al bene che non è
vero bene. Fu Amor, che al cor gentil ratto s'apprende, fu Amor
che a nullo amato amar perdona, fu Amor che condusse lei e lui
a una morte. Furono dolci pensier, fu disìo, fu solo un punto che
li vinse. Pensiamo: solo un punto!
Diciamo pure che nell'apprezzare il fatto si ricordasse degli
amori suoi e ripensasse con desiderio ai suoi dolci sospiri; ma ag-
giungiamo che una volta apprezzatolo come conseguenza d'amo-
re, cioè come incontinenza, egli era obbligato dalla sua finzione
stessa, dalla sua filosofia e teologia, a non mostrare per que' rei, i
quali pure piangono laggiù e accennano mestamente a Dio e alla
preghiera, l'abbominazione che doveva crescere di grado in grado
per i cerchi dell'inferno, sino alla maledizione contro Bocca, sino
143