Page 138 - Minerva oscura
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accenna quando dice - colui che tu ti mangi. Ugolino dice di ro-
dere, ma Dante dice che mangiava. Tideo si rose le tempie a Me-
nalippo, ma Ugolino lavorava nel teschio e l'altre cose. Dante lo
accenna anche meglio con lo scrosciare delle ossa sotto i denti di
cane, col quale atto il dannato sottolinea e commenta il misterioso
verso:
Poscia più che il dolor potè il digiuno.
Il padre e avo violò coi denti le carni, forse il teschio, di alcu-
no de' suoi figli e nepoti. Fu ciò vero? Non è raccontato; ma a
Dante potè essere fatto credere, vero o non vero che fosse. O potè
imaginarlo e inventarlo. E ciò sarebbe degno del poeta giusto?
Non sarebbe indegno; chè la giustizia di lui vuol mostrare che chi
fallò è punito e chi si pentì e bene operò è premiato; non pretende
già di essere creduto in proposito del fallo e della pena, della ope-
ra buona e del premio, e specialmente in certi particolari, che è
chiaro che egli inventa, come la conversione di Manfredi e la
morte di Buonconte e il fiero ultimo pasto di Ugolino. Ma inven-
tare cose contrarie alla verità conosciuta? poichè c'è chi racconta
che vide i cadaveri e li vide senza segni che facessero sospettare.
Ma bisognerebbe provare che Dante sapesse di tal riconoscimen-
to, o non piuttosto avesse della tragedia pisana notizie incerte,
quali si scorgono in questo passo del Bargigi: «fiera crudeltà usa-
rono in lasciarli morire in prigione: per certo si tiene che moriro-
no di fame». E si metta a confronto questo altro luogo di un croni-
sta pisano: «gli autri tre morinno quella medesima septimana;
anco per distretta di fame, perchè non pagonno». E che Dante
non sapesse il dramma proprio come andò in tutto e per tutto, si
può rilevare dal fatto che egli chiama figliuoli tutti e quattro i
compagni di prigionia e di morte del conte, e lo fa chiamar padre
da Anselmuccio, e dice età novella, tale da fare innocenti, quella
di Gaddo e di Uguccione. Se inventò, è ben certo ch'egli inventò
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