Page 133 - Minerva oscura
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È stato l'animo, l'irascibile cioè, che lo spinse al suicidio, ma
questo era stato eccitato dagl'invidi della corte. Nè della sua mor-
te accusa questi, ma dell'essere stato fatto ingiusto; come a dire,
della sua dannazione. Ed esso, come colui che fu ingiusto in quel-
l'unico fatto e sotto gli stimoli del [Greek: Thymos], parla misura-
to ed equo, accusando l'invidia piuttosto che gl'invidi e afferman-
do degno d'onore colui che era stata la causa più diretta della sua
morte. Ma pensiamo a Guido di Montefeltro:
Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero,
credendomi, sì cinto, fare ammenda;
e certo il creder mio veniva intero,
se non fosse il gran prete, a cui mal prenda,
che mi rimise nelle prime colpe:
e come e quare voglio che m'intenda.
. . . . . . . . . . . . . . . .
e pentuto e confesso mi rendei:
ahi miser lasso! e giovato sarebbe.
Lo principe de' nuovi farisei
con quel che segue. Egli accusa dunque Bonifazio della sua mor-
te; morte s'intende, spirituale, non corporale: seconda, non prima.
Oh! non Manfredi accusa alcuno, sebbene morisse con
rotta la persona
di due punte mortali,
poichè non quella è vera morte per cui non si perde l'eterno amo-
re, anzi si ha inspirazione a riacquistarlo; non Buonconte, poichè
potè finire la parola nel nome di Maria; non la Pia cui non disfece
Maremma sì da dannare la sua anima soave. La Pia non accusa
colui che inanellata pria,
disposando, l'avea con la sua gemma,
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