Page 146 - Minerva oscura
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si estrinsecò col rifiuto della giustizia, anche quando ingiuria non
           commise, ma si volse in sè coi denti. Traversando in barca (egli
           non è Enea, il perfettamente temprato, che varca a piedi asciutti;
           Enea cui la Sibilla dice:  invade viam vaginaque eripe ferrum;
           Nunc animis opus, Aenea, nunc pectore firmo!) la palude dell'i-
           gnavia malvagia, egli dà di sè mostra come d'alma sdegnosa, cioè
           di tale che ha, e volto al giusto, ciò che i fitti nel fango e gli altri
           dal sembiante offeso, o non ebbero, o troppo ebbero, con effetto
           consimile d'inattività; che ha, insomma, l'irascibile. E mostra di
           aver   profittato   dell'insegnamento   che   Virgilio   gli   aveva   dato
           avanti gl'ignavi assoluti, avanti quelli che nemmeno scelsero tra il
           bene e il male. Virgilio gli aveva detto allora:


              Misericordia e Giustizia li sdegna.
              Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.


              Di quelli non doveva curare, come di tali di cui, privi di volon-
           tà di concupiscibile e d'irascibile, il mondo non lasciava essere
           fama; questi della palude, tra cui sono o devono venire gran regi
           che lasciarono di sè non l'oblio solo ma il disprezzo, tra cui è per-
           sona orgogliosa, una maschera di forte e di bravo, della quale
           pure non è bontà che fregi la memoria, egli li deve maledire e re-
           spingere:  Spirito maledetto!  E il Poeta conclude l'episodio con
           parole che ricordano quel Non ragioniamo di Virgilio: Quivi il la-
           sciammo, chè più non ne narro. La mira del Poeta, nè solo rispet-
           to all'Argenti, ma in tutto l'episodio della palude sino all'entrata in
           Dite, è di mostrare oltre l'incontinenza dell'irascibile e oltre il suo
           difetto, il giusto temperamento di esso.
              E lo mostra in sè, in Virgilio e in Enea, compiutamente.
              Come gl'ignavi di oltre Acheronte si figurano dal Poeta con-
           dannati a una vana e dolorosa attività, correndo essi perpetual-
           mente e soffrendo le punture di mosconi e di vespe, e piangendo;
           come essi si figurano invidiosi d'ogni altra sorte, non solo del Pa-
           radiso, che sdegnosa loro interdice la Misericordia; ma anche del-


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