Page 590 - Jane Eyre
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stelle; ognuna di quelle stelle mi guidava a una mèta de-
liziosa.
Finalmente potevo far qualcosa per quelli che mi ave-
vano salvata la vita, e che fino allora avevo amato di un
inutile amore.
Erano oppresse da un giogo e potevo liberarle, erano
separate e potevo riunirle, potevo dar loro l'indipenden-
za e la ricchezza.
Non eravamo forse quattro?
Ventimila sterline divise in quattro davano cinquemila
sterline a ciascuna di noi.
La giustizia sarebbe fatta e la nostra scambievole feli-
cità sarebbe assicurata.
La ricchezza non mi opprimeva più, non era più un
legato di monete d'oro, ma un'eredità di vita, di speranze
e di gioie.
Non so che aspetto avessi mentre pensavo a tutte que-
ste cose, ma mi accorsi che il signor Rivers aveva avan-
zata una seggiola e cercava dolcemente di farmi sedere.
Mi consigliava di esser calma e io lo assicuravo di
non sentirmi punto eccitata, e respingevo la mano che
voleva costringermi al riposo per camminare ancora.
— Scriverete domani a Diana e a Maria, — gli dissi,
— e le pregherete di venir subito qui. Diana mi disse
che lei e sua sorella si sarebbero stimate ricche con mil-
le sterline per ciascuna, così mi figuro che saranno con-
tente di cinquemila.
— Dove posso trovare un bicchier d'acqua? — do-
mandavami Saint-John. — Cercate di calmarvi.
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