Page 487 - Jane Eyre
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L'ombra non stancavasi di fissarmi; infine parlò al
           mio spirito, nonostante l'immensurabile distanza, e suo-
           ni mi giungevano distinti come se l'ombra mi sussurras-
           se al cuore:
              — Figlia mia, fuggi la tentazione.
              — Sì, mamma, — risposi.
              E così pure risposi dopo che mi fui svegliata dal so-
           gno.
              Era sempre scuro, ma in luglio le notti sono corte e il

           crepuscolo incomincia nelle prime ore del giorno. “Non
           può esser troppo presto per accingermi al compito che
           mi sono prefissa", pensai. Mi alzai. Ero vestita, perché
           non mi ero tolto altro che le scarpe.
              Presi nei cassetti un poco di biancheria, un braccialet-
           to e un anello.
              Nel cercare questi oggetti, le mie dita incontrarono le
           perle della collana che il signor Rochester mi aveva fat-
           to accettare alcuni giorni prima.
              Le lasciai; non eran mie, appartenevano alla sposa
           immaginaria che erasi dileguata.
              Feci un involto dell'altra roba, mi misi in tasca la bor-
           sa, che conteneva venti scellini (non possedevo altro) mi
           misi il cappello e lo scialle e senza mettermi le scarpe
           per non far rumore uscii dalla stanza.
              — Addio, mia buona signora Fairfax! — dissi passan-
           do cautamente dinanzi alla sua porta. — Addio mia cara
           Adele! — mormorai nell'oltrepassare la camera della
           bimba.




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