Page 448 - Jane Eyre
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— Non poter essere più la sposa di Edoardo Roche-
           ster, — aggiunsi, — ecco il mio supplizio; svegliarmi
           dal più dolce dei sogni per non trovare intorno a me al-
           tro che vuoto e tristezza, ecco quello che posso ancora
           sopportare; ma doverlo lasciare risolutamente, subito
           per sempre, è intollerabile. Non posso.
              Ma allora una voce interna mi rispose che potevo, e
           predisse che lo avrei fatto.
              Lottavo contro la mia propria risoluzione, avrei volu-

           to esser debole per evitare nuove sofferenze, ma la mia
           coscienza si faceva tirannica, supplicava la passione e le
           diceva alteramente che avevo appena posato il piede nel
           fango, ma che presto un braccio di bronzo la precipite-
           rebbe nell'abisso dell'agonia.
              — Ebbene, allora, — esclamai, — che sia infranta,
           ma che qualcuno mi venga in aiuto.
              — Ti sbranerai da te, e nessuno ti aiuterà; ti strapperai
           l'occhio, ti strapperai la mano diritta; il cuore sarà la vit-
           tima e tu il carnefice.
              Mi alzai sgomenta di trovarmi in quella solitudine
           abitata da un giudice così inesorabile, ove echeggiava
           una voce così terribile, ma mi accorsi che ero sbalordita,
           la testa mi girava e stavo per isvenire dall'agitazione e
           dalla mancanza di cibo.
              In tutta la giornata non aveva né mangiato, né bevuto.
              Riflettei con pena che dal momento che mi ero rin-
           chiusa in camera, nessuno era venuto a domandarmi
           come stavo, né a invitarmi a scendere.




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