Page 446 - Jane Eyre
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sofferenza, l'angoscia si erano impadronite di lei, non
           poteva rifugiarsi fra le braccia del signor Rochester, non
           poteva riscaldarsi sul petto del padrone di Thornfield.
              Oh! non potevo più mai rivolgermi a lui, perché la
           fede era svanita, la fiducia distrutta.
              Il signor Rochester non era più lo stesso agli occhi
           miei, perché non era tale quale io lo aveva creduto.
              Non volevo dichiararlo vizioso, non volevo dire che
           mi aveva ingannato, nonostante non era più per me l'uo-

           mo della sincerità irreprensibile che avevo conosciuto
           prima, e dovevo allontanarmi da lui.
              Dovevo andarmene, questo lo capivo bene.
              Quando, dove, come?
              Per ora non lo sapevo, eppure ero certa che mi avreb-
           be scacciata di Thornfield.
              Mi pareva che non dovesse aver avuto per me un vero
           affetto, forse una passione passeggiera, e non aveva più
           bisogno di me, perché non la poteva più appagare.
              Temevo anche d'incontrarlo; la mia vista doveva riu-
           scirgli odiosa.
              Oh! com'ero stata cieca, com'ero stata debole!
              La vista mi si oscurò, mi pareva che le tenebre mi cir-
           condassero, i miei pensieri si facevano confusi.
              Mi pareva che, impotente e abbandonata, io mi fossi
           stesa nel letto disseccato di un torrente; udivo il rumore
           dell'acqua, precipitantesi dalle montagne lontane; senti-
           vo il torrente avanzarsi e non avevo forza per alzarmi,
           né per fuggire; rimanevo distesa desiderando la morte.
              Una sola idea mi agitava ancora: l'idea di Dio.


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