Page 44 - Jane Eyre
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Quando ero stanca di quella osservazione, lasciavo la
scala per tornare nella camera solitaria dei bambini:
benché quella stanza fosse un po' triste, non mi sentivo
in essa infelice e non avevo alcun desiderio di scendere
in salotto, ove raramente qualcuno avrebbemi rivolta la
parola.
Se Bessie fosse stata buona con me, avrei preferito di
passar tranquillamente le serate accanto a lei, piuttosto
che sotto lo sguardo severo della signora Reed, in una
stanza piena di gente elegante.
Ma appena Bessie aveva vestite le padroncine, soleva
scendere nelle rumorose regioni della cucina e della di-
spensa e portava seco il lume.
E allora mi sedevo con la bambola sulle ginocchia ac-
canto al fuoco, finché non si spengeva, gettando di tanto
in tanto uno sguardo intorno a me per assicurarmi che
nessun fantasma era entrato nella stanza quasi buia.
Quando la brace incominciava a impallidire, mi spo-
gliava in fretta, tirando i nastri o i cordoni come sapevo,
e andavo a cercare nel mio lettino un riparo contro il
freddo e l'oscurità.
Nel letto io portavo la bambola, e la rinvolgeva con
cura nella mia camicia da notte, e dopo averle fatte mil-
le carezze, mi addormentavo relativamente contenta di
poter amare e riscaldare quella puppatola sbiadita e cen-
ciosa, che allora mi pareva viva e capace di sentire.
Le ore scorrevano lunghe per me fino alla partenza
degli invitati, e stavo sempre con l'orecchio teso per udi-
re sulle scale il passo di Bessie.
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