Page 410 - Jane Eyre
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Volevo aspettare per assicurarmi che fosse nata vitale,
prima di riconoscere che tutte quelle cose le appartenes-
sero.
Era assai che nello spogliatoio, di faccia alla toilette, i
vestiti che si diceva le appartenessero, avessero preso il
posto del mio vestito nero di Lowood e del cappello di
paglia, perché certo quel velo prezioso e quel vestito co-
lor perla avevano usurpato il mio attaccapanni.
Chiusi la porta per non vedere quello scintillio della
seta che metteva una nota fantastica in mezzo all'oscuri-
tà della mia camera. "Restate soli, — dissi, — voi che
suscitate in me strane visioni. Sono febbricitante, sento
soffiare il vento e voglio uscire per sentirne la carezza."
Non ero soltanto agitata per i preparativi, né per il
grande cambiamento che stava per operarsi nella mia
esistenza, che entrava il giorno dopo in una nuova fase.
Quelle due circostanze concorrevano senza dubbio a
darmi quella agitazione che mi spingeva a errare nei
prati a quell'ora tarda, ma ve n'era una terza più forte
delle altre.
Il mio cuore era tormentato da un'idea strana e dolo-
rosa; la notte prima mi era accaduta una cosa che non
potevo comprendere, e che non avevo rivelato ad alcu-
no.
Quel giorno il signor Rochester s'era assentato e non
era ancora tornato; i suoi affari lo avevano chiamato in
una delle sue terre, distante una trentina di miglia, della
quale doveva occuparsi prima di lasciare l'Inghilterra.
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