Page 398 - Jane Eyre
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— In quel campo passeggiavo quindici giorni sono....
la sera del giorno nel quale mi aiutaste a riporre il fieno
nella capanna. Siccome ero stanco, mi misi a seder là,
presi una matita e un taccuino e incominciai a scrivere
la narrazione di un dolore che mi aveva colpito molto
tempo addietro; scrivevo presto presto, benché fosse
quasi notte, quando vidi avanzarsi qualcuno sulla via, e
fermarsi a due metri di distanza da me.
“Alzai gli occhi e vidi una creaturina con un velo sot-
tilissimo sulla testa.
“Le feci cenno di avvicinarsi e mi venne davanti.
“Non le parlai, ella non mi disse nulla, ma io lessi nei
suoi occhi, ella lesse nei miei, e il nostro colloquio muto
ebbe l'effetto seguente:
"Era una fata che veniva dal paese delle silfidi, disse.
E il suo scopo era quello di farmi felice. Dovevo lascia-
re il mondo e ritirarmi con lei nella solitudine – come
nella luna, per esempio – e con la testa m'indicava il
corno argenteo che sorgeva di dietro le montagne. Mi
disse che lassù c'erano caverne di alabastro e valli d'ar-
gento, ove potremmo abitare. Le dissi che l'avrei seguita
volentieri, ma che non avevo le ali per volare.
"Oh! — mi rispose la fata. — Non fa nulla. Ecco il
talismano che farà svanire ogni ostacolo."
E mi mostrò un piccolo cerchio d'oro.
"Mettetelo nel quarto dito della mano sinistra e io
sarò vostra e voi sarete mio, e insieme lasceremo la terra
e avremo lassù il paradiso."
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