Page 384 - Jane Eyre
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dai miei simili; figurarmi una tale felicità è come crede-
re a una fiaba, sognare a occhi aperti.
— Ebbene, io posso e voglio convertirla in realtà e
comincerò da domani. Ho già scritto stamattina al mio
banchiere di Londra di mandarmi certi gioielli che ha in
custodia e che hanno sempre appartenuto alle signore di
Thornfield; fra un giorno o due spero poterveli conse-
gnare, poiché voglio circondarvi delle stesse attenzioni,
degli stessi onori che farei alla figlia di un Pari, se la
sposassi.
— Oh! signore, non pensate ai gioielli! Non voglio
sentirne parlare. I gioielli non sono fatti per Jane Eyre e
non vorrei averne.
— Io stesso voglio mettervi al collo una collana di
diamanti e un diadema d'oro sulla fronte, e vi starà bene,
perché su quella fronte la natura ha scolpito il suo mar-
chio di nobiltà. Voglio cingere di braccialetti quei polsi
delicati, e arricchire con anelli le sottili ditine di fata.
— No, no, signore, parlate d'altro e pensate ad altro.
Non mi trattate come se fossi bella: io sono la brutta go-
vernante quacquera.
— Siete una bellezza ai miei occhi, e appunto una
bellezza come la brama il mio cuore.... delicata ed ete-
rea.
— Esile e insignificante, volete dire. Sognate, signo-
re, o vi burlate di me? Per l'amor di Dio, non mi canzo-
nate!
— Voglio che il mondo riconosca la vostra bellezza,
— aggiunse; e vi fu un momento che mi sentii a disagio
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