Page 379 - Jane Eyre
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— Nessuno s'intrometterà fra noi, signore. Non ho
           parenti che si curino di me.
              — No, ed è una fortuna, — disse.
              Se io lo avessi amato meno, avrei letto nel suo sguar-
           do e nel suo accento una selvaggia esaltazione.
              Ma seduta accanto a lui, uscita a pena da quell'incubo
           opprimente della separazione, chiamata ad una unione
           di paradiso, pensavo soltanto alla benedizione piovuta
           largamente su di me.

              Ogni tanto egli mi domandava:
              — Siete felice, Jane?
              E via via gli rispondevo: "Sì!" ed egli mormorava:
              — Sarà mia, vuol esser mia! Non l'ho trovata senza
           amici, fredda e sconsolata? La terrò con me, le vorrò
           bene e la farò felice. Non vi è forse amore nel mio cuore
           e fermezza nelle mie risoluzioni? E questa sarà un'espia-
           zione al tribunale di Dio. So che il mio Fattore sanziona
           ciò che faccio. Del giudizio del mondo me ne lavo le
           mani. L'opinione degli uomini la sfido!
              Ma che cosa era accaduto nel cielo?
              La luna non era ancora tramontata, ed eravamo al
           buio; benché fossi accanto al mio padrone, potevo appe-
           na vederlo in faccia.
              E che cosa agitava l'ippocastano?
              Era il vento che, insinuandosi e brontolando nel viale,
           veniva a sferzar l'albero.
              — Bisogna tornare a casa, — disse il signor Roche-
           ster, — il tempo cambia; sarei rimasto qui fino a domat-
           tina con voi, Jane.


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