Page 382 - Jane Eyre
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Tolsi dal mio baule un semplice vestito chiaro da
estate e me lo misi; mi parve che nessun abito mi fosse
stato mai meglio, perché nessuno era stato portato con
maggior piacere.
Non fui poco sorpresa, correndo giù nel vestibolo, di
vedere che una magnifica mattina di giugno splendeva
dopo la burrasca della notte, e di sentire, attraverso l'in-
vetriata aperta, la brezza fragrante.
La natura doveva esultare, perché io era tanto felice!
Una povera donna e un bimbo pallido e lacero si fer-
marono davanti alla porta. Io corsi a dar loro tutto quel-
lo che avevo nella borsa: tre o quattro scellini; tanti o
pochi, dovevano dividere il mio giubilo.
Le cornacchie gracchiavano, gli altri uccelli cantava-
no, ma nulla era più lieto del mio cuore festante.
La signora Fairfax guardava fuori della finestra con
volto rattristato e mi disse gravemente: "Signorina Eyre,
volete venire a far colazione?"
Mentre mangiavamo fu tranquilla e fredda, ma io non
potei rassicurarla, spettava al signor Rochester a spie-
garle tutto.
Mangiai come potei e poi corsi nella mia camera. Vi
incontrai Adele che usciva dalla sala di studio.
— Dove andate? È l'ora della lezione, — le dissi.
— Il signor Rochester mi ha detto di andare in came-
ra mia.
— Dov'è lui?
— Là, — mi rispose, accennando la stanza da cui era
uscita. Vi entrai e lo vidi.
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