Page 363 - Jane Eyre
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che usava raramente; forse gli pareva troppo bello per
abusarne; fu un vero raggio di sole del sentimento che
lasciò splendere su di me.
— Passate, Jane, — mi disse facendomi posto sulla
scala, — tornate alla villa e posate il piedino errante e
stanco sulla soglia amica.
Quello che potevo far di meglio, si era di ubbidirgli in
silenzio, perché non volevo proseguire il colloquio.
Salii i gradini senza fiatare e volevo lasciarlo con cal-
ma, ma qualcosa mi tratteneva, una forza irresistibile
costrinsemi a voltarmi e dissi, o meglio una voce a mia
insaputa, gridò per me:
— Grazie, signor Rochester, grazie della vostra gran-
de cortesia; sono tanto felice di esser tornata da voi;
dove voi siete, là è la mia casa, la mia sola casa!
Allora mi diedi a camminare così presto, che se aves-
se voluto raggiungermi, gli sarebbe riuscito difficilmen-
te.
La piccola Adele era mezza pazza dalla gioia nel rive-
dermi, la signora Fairfax mi accolse con la sua solita
amicizia calma, Leah mi sorrise e anche Sofia mi augu-
rò la buona sera con gioia.
Tutto questo mi fece piacere, perché non v'è gioia
maggiore che quella di sentirsi amati dai proprii simili, e
che la nostra presenza è un piacere per essi.
Quella sera chiusi gli occhi per non guardare l'avveni-
re, chiusi gli orecchi per non sentire la voce che mi av-
vertiva della prossima separazione e del suo corteo di
pene.
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