Page 30 - Jane Eyre
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dendo di sradicare le mie cattive tendenze, mi spezzava-
           te il cuore.
              La mattina dopo, verso mezzogiorno, ero alzata e ve-
           stita, e, dopo essermi rinvoltata in uno scialle, mi ero se-
           duta accanto al fuoco.
              Mi sentivo debole e affranta, ma la mia maggior sof-
           ferenza proveniva da un grande abbattimento di spirito,
           che mi strappava lagrime mute; appena ne aveva rasciu-
           gata una, un'altra mi scendeva sulle guancie; eppure

           avrei dovuto esser felice, perché nessuno dei Reed era in
           casa; erano tutti usciti in carrozza con la loro mamma;
           anche Abbot cuciva in un'altra stanza e Bessie, che an-
           dava e veniva per riordinare i cassetti, mi rivolgeva di
           tanto in tanto una parola straordinariamente dolce.
              Avrei dovuto credermi in paradiso, assuefatta come
           ero a continui rimproveri e a sforzi incompresi; ma i
           miei nervi erano così scossi, che la calma non poteva
           più calmarli, e il piacere non poteva più eccitarli piace-
           volmente.
              Bessie scese in cucina e mi portò una piccola torta, su
           un bel piatto cinese coperto di uccelli del paradiso, po-
           sati su convolvoli e bocci di rose.
              Quel piatto aveva sempre suscitato in me una viva
           ammirazione; avevo spesso chiesto il permesso di pren-
           derlo in mano per guardarlo con agio, ma fino allora ero
           stata riputata indegna di quel favore, e ora quella prezio-
           sa porcellana era posata sulle mie ginocchia e mi invita-
           va amichevolmente a mangiare il dolce che conteneva.




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