Page 32 - Jane Eyre
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spettri scarni, i pigmei, altro che genietti perfidi; Gulli-
ver, un viaggiatore disperato errante in regioni pericolo-
se e spaventose.
Chiusi il libro e lo posai sulla tavola, accanto alla tor-
ta, che non avevo assaggiata.
Bessie aveva terminato di mettere in ordine la came-
ra, e, dopo essersi lavate le mani, aprì un cassetto, e ne
cavò alcuni pezzi di seta scintillante per fare un cappello
nuovo alla bambola di Georgiana.
Ella incominciò a cantare:
"C'era una volta, tanto tanto tempo fa, quando viveva-
mo come zingari...."
Avevo spesso udito quel canto e mi rendeva spesso
allegra, perché Bessie aveva una voce dolce, almeno mi
pareva tale; ma in quel momento, nonostante che la sua
voce fosse sempre la stessa, pure i suoi accenti mi pare-
vano impregnati d'immensa tristezza.
Qualche volta, occupata dal lavoro, ripeteva il ritor-
nello a voce bassissima, e queste parole: "C'era una vol-
ta, tanto tanto tempo fa" mi facevano l'impressione di un
inno funebre.
Ella intonò un'altra ballata, veramente malinconica,
che diceva:
"I miei piedi sono feriti, le mie membra sono stanche.
La via lunga, la montagna è selvaggia; ben presto il tri-
ste crepuscolo che la luna non rischiarerà più con i suoi
raggi, spanderà le tenebre sul cammino del povero orfa-
nello.
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