Page 37 - Jane Eyre
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— Non so; lo domandai una volta alla signora Reed;
ella mi disse che potevo avere qualche parente povero
che portasse il cognome di Eyre, ma che non sapeva
nulla di loro.
— Se ne aveste, vorreste andare con essi?
Riflettei. La povertà sgomenta gli uomini e più anco-
ra i bambini.
Essi non hanno idea di una povertà industre, operosa
e rispettabile; la parola evoca nella loro mente l'immagi-
ne di vesti stracciate, di scarso cibo, di focolare spento,
di cattive maniere e di vizii degradanti; per me povertà
era sinonima di degradazione.
— No, — risposi, — non vorrei appartenere a povera
gente.
— Nemmeno se fosse buona per voi?
Scrollai la testa; non potevo capire come avrebbe po-
tuto esser buona quella gente se era povera; e poi impa-
rare a parlar come i poveri, acquistare le loro maniere,
non avere educazione, crescere come quelle misere don-
ne, che vedevo allattare i bimbi e lavare il bucato sulla
porta delle casupole del villaggio; no, non ero abbastan-
za eroica per acquistare la libertà col suo corteo di mise-
rie.
— Ma i vostri parenti sono dunque tanto poveri?
Sono forse operai?
— Non saprei dirlo; mia zia assicura che, se ne ho,
debbono appartenere alla classe dei mendicanti, e io non
vorrei chiedere l'elemosina.
— Vorreste andare in pensione?
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