Page 295 - Jane Eyre
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quelle che dicono la sorte non si esprimevano come la
vecchia; mi ero accorta subito che falsava la voce e cer-
cava di nascondere il volto, e avevo pensato a Grace
Poole, quell'enigma vivente, quel mistero dei misteri,
ma non avevo mai pensato al signor Rochester.
— Ebbene! — mi disse, — a che cosa pensate? Che
cosa significa quel grave sorriso?
— Mi meraviglio di quello che è accaduto e mi ralle-
gro con me stessa per la condotta tenuta; ma mi pare che
mi abbiate permesso di andarmene?
— No, restate un momento e ditemi quello che fanno
in sala.
— Credo che parlino della zingara.
— Sedete e raccontatemi ciò che avete udito.
— Farei meglio di non trattenermi troppo, signore,
sono quasi le undici; sapete che un ospite è giunto oggi?
— Un ospite? E chi può essere? Non aspettavo nessu-
no. È partito?
— No, dice di conoscervi da lunga data e che può
permettersi di rimanere alla villa fino al vostro ritorno.
— Ha dato il suo nome?
— Si chiama Mason, signore; giunge dalle Indie occi-
dentali, dalla Giamaica, credo.
Il signor Rochester era ritto dinanzi a me e mi aveva
preso la mano, come per condurmi a una seggiola; quan-
do ebbi terminato di parlare mi strinse convulsamente il
polso, le sue labbra cessarono di sorridere e pareva in
preda a uno spasimo.
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