Page 239 - Jane Eyre
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Volle che Sofia rinfrescasse i suoi vestiti; cambiasse
           le guarnizioni e intanto saltava sui letti e sulle materasse
           abballinate davanti ai caminetti accesi per farle asciuga-
           re.
              Non le davo lezioni, perché per desiderio della signo-
           ra Fairfax stavo tutto il giorno in dispensa ad aiutar lei e
           la cuoca, e intanto imparavo a far pasticci e dolci, a pre-
           parare la cacciagione e ad accomodare i dolci nei trionfi.
              Si aspettavano gli ospiti il giovedì all'ora di desinare,

           cioè alle sei.
              Non avevo tempo di correr dietro alle mie chimere e
           fui allegra e attiva più di tutte, meno Adele.
              A momenti però l'allegria svaniva e mi ritornavano
           nel cuore le sinistre congetture, e sopratutto quando ve-
           devo la porta della scala del terzo piano, che in quegli
           ultimi tempi era stata sempre chiusa, aprirsi lentamente
           per lasciar passare Grace Poole che andava pian piano a
           dire qualche parola alle altre donne, che erano nelle ca-
           mere.
              Ella scendeva in cucina una volta al giorno per desi-
           nare, fumava un momento accanto al focolare e tornava
           in camera sua, triste, cupa, portando seco un boccale di
           porter.
              Delle ventiquattr'ore ella ne passava una soltanto con
           la servitù.
              Il resto rimaneva sola in una stanza bassa del secondo
           piano, intenta a cucire o a ridere forte del suo strano
           riso, sola come un prigioniero in una segreta.




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