Page 22 - Jane Eyre
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Non sapevo rispondere alla incessante domanda del
           cuore: "Perché devo soffrir tanto?".
              Ora, dopo trascorsi molti anni, tutte quelle ragioni mi
           appariscono chiaramente.
              Ero causa di discordia alla villa di Gateshead; là non
           somigliavo a nessuno; non vi era nulla in me che armo-
           nizzasse con la signora Reed, con i suoi figli o con i sot-
           toposti, che ella preferiva.
              Se però non mi volevano bene, è equo dire che nep-

           pur io ne voleva a loro.
              Non erano obbligati a dimostrare affezione a un esse-
           re che non poteva simpatizzare con alcuno di essi, con
           un essere eterogeneo, opposto a loro per temperamento,
           per capacità e per inclinazioni, un essere inutile, incapa-
           ce di servire i loro interessi o di associarsi ai loro piace-
           ri, un essere nocivo che sviluppava in sé i germi di indi-
           gnazione per i loro trattamenti di disprezzo per i loro
           giudizii.
              Se fossi stata una bimba allegra, senza cure, esigente
           e sventata, la signora Reed avrebbe sopportata con pa-
           zienza la mia presenza, i suoi figli mi avrebbero trattata
           con quella cordialità che si stabilisce fra coetanii, e i
           servi sarebbero stati meno propensi a far di me il loro
           capro espiatorio.
              La luce del giorno incominciava a disertare la stanza
           rossa; erano le quattro passate; le nubi che coprivano il
           cielo   dovevano   ben   presto   condurre   la   tanto   temuta
           oscurità.




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