Page 21 - Jane Eyre
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gioia quanti la vedevano e facessero dimenticarne i di-
           fetti.
              John non era né sgridato né punito, benché torcesse il
           collo ai piccioni, uccidesse i pavoncelli, aizzasse i cani
           contro le pecore, devastasse l'uva nelle serre, rompesse i
           rami delle piante esotiche e chiamasse la mamma "zitel-
           lona".
              Spesso egli la beffeggiava perché aveva la pelle nera
           come la sua, la contrariava e le macchiava e le strappava

           i vestiti di seta, eppure lo chiamava sempre "amor mio".
              Io invece non osavo commettere nessuna mancanza,
           mi sforzavo di compiere i miei doveri, e dalla mattina
           alla sera sentivo dirmi che ero svogliata e pigra, perfida
           e intrattabile.
              La testa mi doleva e continuava a sanguinarmi per il
           colpo ricevuto; nessuno aveva rimproverato John per
           avermi percossa, e tutti mi avevano biasimata per esser-
           mi rivoltata contro di lui onde evitare nuove violenze.
              — Ingiustizia! Ingiustizia! — gridava la mia ragione
           eccitata dal doloroso stimolo di una precoce energia.
              Tutto ciò che vi era in me di risoluzione, mi faceva
           pensare ai mezzi più disperati per togliermi a quella op-
           pressione; pensavo a fuggire, o, se non mi riusciva, a ri-
           cusare cibi e bevande per morir di fame.
              Quale costernazione erasi insinuata nell'anima mia in
           quel triste pomeriggio! Il sangue tumultuava e il cuore
           era in piena ribellione.
              E in quale oscurità, in mezzo a quale densa ignoranza
           combattevasi quella battaglia mentale!


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