Page 192 - Jane Eyre
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modo così diretto di dare un ordine, che pareva impossi-
           bile di non ubbidirgli subito.
              Eravamo nella sala da pranzo, e il lampadario che era
           stato acceso per il pranzo, illuminava tutta la stanza.
              Il fuoco era rosso e brillante, le tende porpora chiude-
           vano le finestre e cadevano in ampie pieghe dall'alcova;
           tutto era tranquillo e non si udiva altro che il cicaleccio
           sommesso di Adele e la pioggia che batteva nei vetri!
              Il signor Rochester, seduto nella poltrona di damasco

           rosso, mi parve diverso da quello che avevo veduto pri-
           ma.
              Non aveva più quell'aspetto cupo e triste, e sulle lab-
           bra gli errava un sorriso.
              Forse il vino avevagli procurato quella relativa gaiez-
           za, ma non potrei affermarlo; però nel dopopranzo era
           più espansivo che la mattina.
              Ma aveva sempre qualcosa di spaventoso quando ap-
           poggiava la grossa testa alla spalliera imbottita della
           poltrona e la luce del fuoco battendo in pieno sui suoi li-
           neamenti granitici rischiarava i grandi occhi neri; perché
           aveva bellissimi occhi, che cambiavano spesso carattere
           a un tratto, e talvolta esprimevano, se non la dolcezza,
           almeno un sentimento molto affine.
              Per alcuni istanti guardò il fuoco e nel voltarsi vide i
           miei occhi fissi in lui.
              — Mi esaminate, signorina Eyre. Vi paio bello?
              Se avessi avuto il tempo di riflettere avrei fatto una
           cortese e vaga risposta di convenzione, ma le parole mi
           uscirono di bocca quasi a mia insaputa.


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