Page 190 - Jane Eyre
P. 190
Io non mi sentivo offesa da quel cambiamento d'umo-
re, perché capiva che proveniva da cause che non mi ri-
guardavano.
Un giorno egli ebbe gente a pranzo e mandò a pren-
dere la mia cartella per mostrarne il contenuto agli ospi-
ti.
Questi uscirono presto per andare a un meeting, e sic-
come era umido, il signor Rochester non li accompagnò.
Dopo che se ne furono andati, mi avvertirono che
scendessi con Adele.
Vestii la bambina e dopo essermi accorta che il mio
costume di Quacquers era in ordine e che non avevo
nulla da ritoccare nella pettinatura, scendemmo.
Adele sperava che il suo cofanetto fosse alla fine
giunto, perché non avevalo ancora avuto. Non si era in-
gannata, perché entrando nella sala da pranzo, vide una
scatola che riconobbe istintivamente.
— La mia scatola! La mia scatola, — esclamò.
— Sì, eccola alla fine. Portatela in un cantuccio, vera
figlia di Parigi, e divertitevi ad aprirla, — disse il signor
Rochester con voce ironica e profonda. — Ma non mi
annoiate con i particolari del vostro processo anatomico,
e sopratutto state zitta, bambina, capite?
Adele non aveva bisogno di quella raccomandazione.
S'era accovacciata su un divano e scioglieva la scato-
la. Dopo averne tolto il coperchio, esclamò:
— Oh cielo, come è bello! — e rimase assorta nella
sua contemplazione.
192