Page 173 - Jane Eyre
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Sarebbero occorse le tempeste di una vita incerta e
piena di lotte per amare il luogo pacifico ove abitavo.
Desideravo il combattimento, come l'uomo stanco di
star sempre seduto desidera la passeggiata, e il mio biso-
gno di agire era naturale come il suo.
Mi aggirai un pezzo sul prato della villa e non entrai
in casa che quando il suono dell'orologio mi richiamò
alla realtà dell'esistenza.
La sala non era scura, benché il lampadario di bronzo
non fosse acceso; era rischiarata, al pari dei primi gradi-
ni della scala, dalla luce che veniva dalla sala da pranzo,
la cui porta spalancata lasciava scorgere il caminetto ac-
ceso ed alcune persone aggruppate intorno a quello.
Vi avevo appena gettato gli occhi, avevo appena di-
stinto fra le diverse voci quella d'Adele, che la porta fu
chiusa.
Andai subito nella stanza della signora Fairfax. Il fuo-
co era acceso, ma non v'era il lume e neppure la buona
signora.
Al posto di lei vidi un cagnone bianco e nero, che
guardava il fuoco. Fui sorpresa di vederlo lì e gli dissi:
"Pilato!"
Il cane si alzò, venne ad annusarmi e mentre lo acca-
rezzavo, mosse la coda! Suonai per chiedere il lume e
Leah entrò.
— Di chi è questo cane? — le domandai.
— È giunto col padrone.
— E la signora Fairfax è da lui!
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