Page 160 - Jane Eyre
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musco, la chiesa, le porte, la via, le tranquille colline,
           tutto quel tratto di paese, che pareva riposasse sotto il
           sole autunnale.
              In quello spettacolo non vi era nulla di meraviglioso,
           ma esso aveva la potenza di farsi ammirare.
              Quando scendemmo, la signora Fairfax rimase a die-
           tro per chiudere la botola, e io, a tastoni, trovai la porta
           delle soffitte e discesi la scala buia, trattenendomi dopo
           un poco nel corridoio del terzo piano, che divideva le

           stanze davanti da quelle del lato opposto.
              Era stretto, basso e oscuro, perché non aveva altro
           che una finestra per rischiararlo.
              Vedendo quelle due file di porte scure e chiuse, veni-
           va fatto di pensare al castello di Barbablù.
              Nel momento in cui passavo, uno scoppio di risa mi
           ferì l'orecchio: era un riso strano, squillante, ma che non
           manifestava punto la gioia.
              Mi fermai e il riso cessò, poi ricominciò più forte, più
           rumoroso.
              — Signora Fairfax! — esclamai, perché in quel mo-
           mento ella scendeva la scala. — Avete sentito quella ri-
           sata? Di dove può venire?
              — Sarà stata una delle serve; forse è Grace Poole.
              — L'avete sentita? — chiesi di nuovo.
              — Sì, e la sento spesso. Ella cuce in una di queste
           stanze. Molte volte Leah è con lei, e quando sono insie-
           me fanno tanto rumore.
              — La risata si ripetè e terminò con uno strano mor-
           morio.


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