Page 153 - Jane Eyre
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vola, mi fissò con i suoi occhietti castani e incominciò a
           ciarlare.
              — Oh! come son contenta, — esclamò in francese, —
           che voi parliate bene la mia lingua come il signor Ro-
           chester. Potrò almeno parlar con voi come parlo con lui,
           e Sofia anche potrà parlare. Nessuno la capiva. Sofia è
           la mia bambinaia; ha traversato il mare con me su un
           grosso bastimento dove c'era un camino che fumava, fu-
           mava. Mi sentivo male e anche Sofia, anche il signor

           Rochester. Io ero sopra un lettino, largo come un sedile
           e sono quasi caduta. Ah! signorina, come vi chiamate?
              — Jane Eyre.
              — Non lo so dire. Ebbene, il bastimento si fermò la
           mattina, prima che il sole fosse alzato, in una grande
           grande città, nera nera, tutta coperta di fumo. Non somi-
           gliava punto alla città che avevo lasciata. Il signor Ro-
           chester mi prese in collo e mi fece traversare un piccolo
           ponte per andare a terra. Poi salimmo in carrozza per
           andare a una bella casa, tanto grande, dove restammo
           una settimana. Sofia e io si andava a passeggiare in una
           gran piazza piena d'alberi. C'erano tanti bimbi e una va-
           sca coperta d'uccelli. Io gettavo agli uccelli le molliche
           di pane.
              — La potete capire quando parla così presto? — mi
           domandò la signora Fairfax.
              La capivo benissimo, perché ero assuefatta al chiac-
           chierio della signora Pierrot.






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