Page 31 - Il fanciullino
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lui tener molta ruta, e guardare che non ci si secchi.
            Ma tu dirai: Anche il tempo si raccatta! Bene: parliamo d’altro. Non

        miete, chi non s’inchina. Ora, per la gloriola, ci s’inchina troppo, tanto
        umile sovente è la pianticella, e ci s’inchina troppo spesso, tante sono.

        Voglio dire che la nostra anima (l’anima, intendi!) si deforma, si fa gob-
        ba, come è la schiena dei poveri contadini che s’inchinano per il grano.

        E tu devi essere dritta,serena, semplice, o anima mia!
            Non c’è forse sentimento al mondo, nemmeno l’avidità del guada-

        gno, che sia tanto contrario all’ingenuità del poeta, quanto questa gola
        di gloriola, che si risolve in un desiderio di sopraffazione! Quanto sei

        preso da questo morbo, tu (ma tu non c’entri, allora), io, non cerco il
        poetico, il buono e il bello, ma il sonante e l’abbagliante. Oh! non cerco

        allora i lapilli, i nicchi, i fiori per la mia via, ma veglio inquieto spiando
        i quaderni altrui, magari leggendo di sulle spalle dello scrittore ciò che

        egli scrive. Allora io smetto il mio verso, e mi metto a far quello d’altri:
        come un merlo noioso che canta, in questo mentre, non le sue arie

        mattinali di bosco, ma la ritirata: perché, se non per voglia di gloriola,
        nel suo padrone e forse in lui? O merlo dal becco giallo, tu hai voluto es-

        ser troppo furbo! Come puoi credere che il tuo “Io ti vedo!” che risonava
        tra il cader della guazza, sia peggio di codesto insopportabile “Ritirati

        cappellon!”?
            Ma è pur vero che “merlo” vuol dire sì furbo e sì il contrario! O anche,

        insistiamo troppo su un nostro verso o motivo o vezzo o genere, che
        sia una volta piaciuto; e riusciamo stucchevoli; non basta; diventiamo

        falsi. Imitiamo da noi medesimi, col vetro d’un bicchiere, il diamante
        puro che una volta trovammo. E sempre, pensando o scrivendo, siamo

        distratti dalla preoccupazione dell’effetto: che ne diranno? Vincerò, con
        questo, il tale o il tal altro? E la tua grazia, che non è grazia se non è

        spontanea, si perde per sempre. Tu non vedi più giusto e limpido; anzi
        non guardi più; seppure, ciò che sarebbe peggio, non guardi, come ho

        detto, negli altri, e non baratti le vesti e magari l’anima con altri, che tu
        veda o creda più pregiati di te!






                                                         XVI.



            Non pensare alla gloriola, fanciullo: non è cosa da te. Ella è troppo
        difficile, o facile, a raggiungersi. Difficile: non ho già detto quanto è raro




        G. Pascoli - Il fanciullino                                                                           27
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